Il Neolitico a Grotta delle Veneri
La presenza di gruppi umani è attestata nel Salento a partire dal Paleolitico Medio, la fase preistorica più antica del popolamento del territorio. Numerosi sono i siti che hanno restituito traccia del passaggio dell’Uomo nel corso della preistoria, come attestano gli importanti ritrovamenti a Grotta Romanelli di Castro, a Grotta del Cavallo di Nardò e a Grotta delle Veneri di Parabita.
Durante tutto l’arco del Paleolitico grotte e ripari sotto roccia hanno dato ricovero ai gruppi di cacciatori-raccoglitori che bene si adattavano ai diversi ambienti che mutavano periodicamente in base al clima in un alternarsi tra fasi fredde e fasi più temperate (glaciazioni). Questi luoghi venivano frequentati in modo semistanziale, come dei veri e propri campi base per lo sfruttamento delle risorse che il territorio offriva, oppure per brevi periodi legati allo svolgimento di attività stagionali come le battute di caccia o l’approvvigionamento di materie prime. Nel corso del Paleolitico gli uomini hanno sviluppato diverse tecniche per la lavorazione della pietra, in particolar modo la selce, con la quale realizzavano diversi strumenti che utilizzavano per le attività quotidiane.
Nelle fasi finali del Paleolitico salentino alcune grotte testimoniano la presenza di manifestazioni artistiche che pongono l’accento sul ruolo simbolico e rituale di questi luoghi per le comunità umane del tempo. Basti pensare a Grotta Romanelli, dove sulle pareti erano raffigurati un Bos (bovino) insieme a figure vulvari (genitali femminili) e nei depositi di terra sono state rinvenute numerose pietre incise con motivi naturalistici e non. Pietre incise con motivi zoomorfi e lineari si trovavano anche a Grotta del Cavallo e Grotta delle Veneri. Qui, oltre alle due statuine femminili denominate Veneri e a una doppia sepoltura, sono state ritrovate 500 tra pietre e ossa incise con motivi a scaletta, bande tratteggiate o a reticolo, alcune ricoperte di ocra. Molte pietre erano state intenzionalmente frammentate dopo l’incisione, rappresentando forse gesti di un rituale ben codificato.
Anche nel successivo periodo del Mesolitico l’Uomo continuò a vivere di caccia e raccolta, ma le nuove condizioni climatiche con le nuove specie vegetali e animali lo portarono a produrre nuovi strumenti e ad usare nuove tecniche di lavorazione della pietra.
Con il Neolitico arriva una nuova economia basata su agricoltura e allevamento, nuove tecnologie (come la produzione ceramica, strumenti in pietra levigata) e nuovi simboli. I gruppi umani svolgevano le loro attività quotidiane all’interno di piccoli villaggi capannicoli, seppellivano i loro defunti all’interno degli abitati o in aree specifiche a poca distanza da essi (necropoli). Si intensificarono gli scambi e la circolazione di oggetti e persone.
Per il Salento ricordiamo il villaggio costiero di Torre Sabea a Gallipoli e il sito con la necropoli neolitica di Serra la Cicora di Nardò.
In questo periodo le grotte non persero la loro funzione abitativa, furono però frequentate principalmente per scopi cultuali. Basti pensare a Grotta Cosma di Santa Cesarea e il complesso di Grotta dei Cervi a Porto Badisco che restituiscono ricchissime testimonianze artistiche che raccontano di complessi rituali dedicati al mondo ctonio, al ruolo delle acque, al culto dei morti e a riti iniziatici.
Relativamente a Grotta delle Veneri, si è voluto ricostruire ipoteticamente una scena del Neolitico con gli individui impegnati in un momento rituale che prevedeva la deposizione di vasi ceramici e di oggetti sacri all’interno della grotta.
Il cosiddetto fenomeno del megalitismo e i tumuli funerari (dolmen, specchie e menhir) sono invece caratteristici del periodo finale della preistoria salentina. In particolare, la necropoli con tumuli nel territorio di Salve (LE) ha aggiunto nuovi dati alla conoscenza dei costumi funerari dell’Eneolitico meridionale (la pratica dell’incinerazione sotto tumulo affermatasi tra la metà del IV e il III millennio a.C.).
Infine, con l’età del Bronzo e del Ferro, il Salento sembra caratterizzato da insediamenti costieri fortificati e su promontorio (Roca Vecchia e Scoglio del Tonno), e in prossimità di grandi bacini para-litorali di acqua dolce, e le comunità indigene sembrano beneficiare di intensi rapporti commerciali e di scambio con i naviganti trans-adriatici e dall’area egea.
Per saperne di più:
E. INGRAVALLO, Lontano nel tempo. la preistoria nel Salento, Lecce 1999.
E. INGRAVALLO, R. GRIFONI, I. TIBERI (a cura di), La Grotta delle Veneri di Parabita (Lecce), Bari 2020.